A cura di Giovanna Fontana Scudo – Ufficiale dell’Ordine

SANTIAGO DE COMPOSTELA

Il Castello di Ponferrada

Spiegare a parole un’esperienza così forte non è semplice, bisogna viverla personalmente.  Ognuno, comunque, in base alla propria sensibilità trarrà delle conclusioni. È chiamato il cammino della vita, percorso alchemico, cammino esoterico, cammino della Via Lattea.

Da percorrere secondo la propria disponibilità di tempo, ognuno con un ritmo e un’andatura adeguata al terreno e alle circostanze: non è una gara podistica, ma un lento, cosciente, riflessivo avvicinarsi alla meta.

È un itinerario che materializza il cammino dello spirito alla ricerca della verità, diventando metafora dell’esistenza stessa.

IL CAMMINO DELLA VITA: perché riassume tutte le emozioni e i sentimenti che si provano in una vita intera. L’ inizio con le aspettative, il fascino dell’ignoto, i dubbi e l’entusiasmo di partire con la “credencial”, il documento che attesta la condizione di pellegrino, con tutte quelle caselle vuote da riempire giorno dopo giorno con il “sello” (il timbro apposto negli ostelli durante il cammino).

Sorgono dubbi, ansie, fatica, solitudine, dolori fisici. Giorno per giorno, però, si è consapevoli di essere più vicini e allora arriva la forza.

PERCORSO ALCHEMICO: perché produce una trasformazione interiore, nell’ anima, a volte inconscia, ma inevitabile. Dalla nascita, alla morte, alla resurrezione come persone nuove; perché non si va in pellegrinaggio ma si è pellegrini sempre e comunque, perché la vita è un pellegrinaggio.

Ecco perché il pellegrinaggio è sempre stato una delle maniere più obbiettive per riuscire ad avvicinarsi all’illuminazione. La parola peccato viene da “pecus” che significa piede difettoso, incapace di percorrere un cammino. Il modo per correggere il peccato è quello di camminare sempre dritto, adattandosi alle situazioni nuove.

Quando si va verso un obiettivo è importante prestare attenzione al cammino, ci insegna sempre la maniera migliore di arrivare, ci arricchisce mentre lo percorriamo; esso può essere migliore o peggiore, in base al percorso che scegliamo per raggiungerlo e al modo in cui lo percorriamo.

Bisogna saper trarre da quello che siamo abituati a guardare tutti i giorni, i segreti che a causa della routine non riusciamo a vedere.

Per gente disabituata al silenzio e alla concentrazione, camminare equivale a riconquistare sensazioni tralasciate o dimenticate.

Ecco che la “freccia gialla” assume un significato importante, ci indica il percorso, per aiutarci a non perdere la strada giusta. È rassicurante, la sua presenza è costante e quando non la vediamo ci sentiamo disorientati.

Quando si viaggia si sperimenta in maniera molto più concreta l’atto della rinascita. Ci si trova dinanzi a situazioni del tutto nuove e si è costretti a dare molta più importanza alle cose che ci circondano, perché da esse dipende la sopravvivenza.

Si comincia a essere più accessibili agli altri, perché gli altri ti possono aiutare nelle situazioni difficili.

Poiché tutte le cose risultano nuove, se ne scorge solo la bellezza e ci si sente più vivi.

Il fascino del cammino per Santiago è la sua lunghezza, la possibilità di vivere per un lungo periodo, un’esperienza fuori dai ritmi e dagli spazi della normalità dove tornano a prendere senso e gusto i gesti ordinari del mangiare, del bere, del sostare, del lento e tenace avvicinarsi alla meta, degli incontri inaspettati, ammirare ogni giorno paesaggi diversi.

Il sentirsi liberi, spogliarsi dalle cose superflue per portare con sé, sulle spalle, tutto il necessario.

È chiamato anche CAMMINO DELLE STELLE, perché il suo tracciato rispecchia la Via Lattea: infatti sono molte le città che portano il nome di stelle.

La Via Lattea è in tutte le tradizioni il simbolo della mediazione stabilita tra gli uomini e gli dei, essa è la strada spirituale, che porta alle alte sfere, luogo di passaggio tra divino e terrestre, rappresenta la via dei pellegrini, degli esploratori, dei mistici.

La Via Lattea, nell’ambito della mitologia greca, scaturisce dallo spruzzo di latte in cielo della dea Era mentre allatta Ercole, concepito da suo marito Zeus con una donna terrena. Le rappresentazioni più significative della Via Lattea nelle altre culture sono il serpente, il fiume, l’albero, la cucitura, la traccia di passi.

Non mancano anche i riferimenti alla scala di Giacobbe (Escolana, Escalante), che unisce la terra al cielo, è un legame di comunicazione tra l’umano e il divino. È appropriato dire CIO’ CHE È IN CIELO È IN TERRA.

Simbolo del pellegrino è la conchiglia, da appendere allo zaino al momento della partenza e che ci accompagna fino all’arrivo. Ci rende immuni dagli sguardi indiscreti, ci protegge, consapevoli della nostra nuova identità e orgogliosi di esserlo. Non da esibire come trofeo, ma come indizio per comunicare silenziosamente con gli altri pellegrini e scambiarsi un “buen camino”. I primi pellegrini la raccoglievano a “Finis Terrae” come prova dell’avvenuto pellegrinaggio.

È un’esperienza vissuta da credenti e non credenti, tutti con uno scopo intimo, per ragioni che soltanto ognuno, nel segreto del proprio cuore conosce e a volte pesano come macigni.

I significati del percorso possono essere tanti:

  • il significato esoterico del pellegrinaggio consente nel chiedere grazie, perdono, espiare peccati, ringraziare per grazie ricevute, avere l’indulgenza plenaria, assistere a manifestazioni, ecc.
  • il significato esoterico o via dell’iniziato, è il pellegrinaggio interiore del cuore. l’homo “viator” diventa una parabola per cui non si procede mai solo spazialmente, ma anche esistenzialmente. La tradizione orientale diceva tre  modi di muoversi:

         1  chi viaggia con i piedi e sono i mercanti;

         2  chi cammina con gli occhi ed è il sapiente;

         3  chi avanza con il cuore, pur spostandosi con i piedi e con gli occhi aperti, ed  è il pellegrino, che cerca il mistero in ogni creatura e nei “luoghi santi”.

Tutto il percorso era protetto e assistito dall’Ordine del Tempio. I Templari avevano il compito di proteggere e accogliere negli ospitali i viandanti. Moltissime sono le città, castelli, chiese, ricoveri rimasti ancora come testimonianza della loro permanenza.

Il presidio Templare più importante è Ponferrada, che prende il nome dal ponte con protezioni in ferro da loro costruito.  I Cavalieri Templari risiedettero nel maestoso castello dal 1178 al 1312 data del loro scioglimento. Uno dei luoghi più emozionanti (per altri con meno sensibilità è una semplice montagnola di sassi sul bordo di una strada trafficata) è il monte della Cruz de Fierro; posta dall’eremita Gaucelmo nel 1100 dove prima sorgeva un altare dedicato a Mercurio. Da secoli i pellegrini deposita ai suoi piedi la loro pietra portata da casa.

“Nel giorno del giudizio le pietre parleranno, con la pietra si lasciano cadere tutti i nostri peccati e deve essere proporzionata ad essi”;

così dice il cartello posto alla base della collina di sassi. Si avvertono presenze antiche, che hanno compiuto gli stessi gesti e calpestato suolo per secoli. Molti, fin dalle origini del cammino, hanno lasciato il segno del loro passaggio: chi una croce di legno appesa alle reti, chi piccole piramidi di pietre, chi una fotografia di un caro scomparso.

Quanta sofferenza, speranza e gioia per l’attesa della rinascita hanno visto quei sentieri percorsi da re, regine, santi (anche San Francesco nel 1213-1214), combattenti, assassini, ammalati, sofferenti sia nel corpo che nello spirito.

Ogni luogo custodisce gelosamente la propria leggenda, legata quasi sempre ai miracoli di San Giacomo, o alla presenza di mostri, guerrieri, o battaglie famose ed eventi storici.

Valcarlos, Roncisvalle e Pamplona sono legate alle battaglie di Carlo Magno e Rolando, Burgos mantiene vivo il ricordo del El Cid Campeador (1043-1099). Santo Domingo della Calzada ricorda il miracolo di San Giacomo custodendo in cattedrale due polli bianchi. A Najera troviamo il monastero di S. Maria la Real del 1052, scavato nella grotta miracolosa che contiene i sepolcri di alabastro degli antichi Re di Navarra.

Nell’Alto del Perdon si stagliano le sagome metalliche della processione dei pellegrini, monumento eretto nel 1996; in questo luogo sorgeva un Hospitale Templare e alla base di una colonna sono incise queste parole: “dove si incrocia il cammino del vento con quello delle stelle”.

Incontriamo Terradillos de Templarios, come il nome stesso rivela, un centro sotto controllo dei Cavalieri Templari.

In lontananza appare Leon, con le sue architetture romaniche e gotiche.

Nella cordigliera Cantabrica si attraversa la località O Cebreiro che custodisce il calice del miracolo eucaristico avvenuto agli inizi del 1300.

Tutto il percorso mantiene un alone di mistero e fascino, anche per questi aspetti così interessanti, da scoprire tappa dopo tappa.

Il percorso più conosciuto è il “cammino francese” perché vi si giunge partendo dalla Francia; si accede valicando due passi pirenaici: quello di Roncisvalle ed è il cammino Navarro di km. 800 e quello di Somport il cammino aragonese di km. 900.

Si riunificano a Puente la Reina in un unico cammino. Il percorso attraversa tutta la Spagna settentrionale passando per Aragona, Navarra, Rioja, Castilia e Galizia.

L’ ORIGINE DEL CAMMINO

Dopo la morte e resurrezione di Gesù, gli apostoli si disperdono ad annunciare il vangelo fino ai confini della terra. Secondo la tradizione, l’apostolo Giacomo di Zebedeo, detto il Maggiore, arriva alla penisola iberica attraverso l’Andalusia e giunge fino alla remota celtica Galizia. Ritornato in Palestina muore martire, primo tra gli apostoli, decapitato nel 42 o 44 da Erode Agrippa. I discepoli Teodoro e Anastasio, ne trafugano il corpo, lo trasportano su una barca nuovamente in Galizia fino a Iria Flavia, il porto romano più importante della zona, per poi seppellirlo nel vicino bosco presso il quale erigono un altare su un’arca marmorea. Passano i secoli e la tomba viene dimenticata. All’inizio dell’ottavo secolo gli arabi invadono la penisola iberica nel nome di Allah conquistandola quasi tutta. In questa realtà geopolitica confusa, intorno all’anno 813 d. c., l’eremita e pastore Pelajo comincia a vedere ogni notte sul monte Libradon delle misteriose luci sul tumulo di un campo (Campus Stellae). Gli appare in sogno Giacomo che lo invita a scavare per riportare alla luce il suo sepolcro. Pelajo informa Teodomiro (vescovo di Iria Flavia) che dà ordine di cercare. Durante i lavori viene alla luce un’arca di marmo nella quale si trovano i resti di un uomo decapitato e la scritta: “qui giace Jacobus, figlio di Zabedeo e Salomé e fratello di Giovanni Evangelista” e i due corpi dei due discepoli.

Si grida al miracolo e la notizia si diffonde.

Alfonso il re delle Asturie e di Galizia, dopo aver informato papa Leone III e Carlo Magno, fa erigere una prima chiesa sopra il sepolcro, intorno alla quale si sviluppa un piccolo borgo. Sono gli albori di Santiago, la terza città santa della cristianità, dopo Gerusalemme e Roma.

Inizia il pellegrinaggio da tutta Europa; la tomba del Santo diventa un simbolo comune per il quale fronteggiare l’invasione musulmana; diventa così una speranza alla quale aggrapparsi.

Nel nome di San Giacomo, protettore della Cristianità, è possibile iniziare la “reconquista” che durerà secoli.

Si narra che in alcune battaglie, ormai perdute, Egli sia apparso su un bianco destriero alla testa delle truppe cristiane, ribaltando così l’esito della lotta. Da questo fatto deriva l’appellativo di “Santiago Matamoros”. La battaglia più famosa è quella di Clavijo, vicino a Logrono nel 844.

IL LUOGO SACRO

Due elementi che accomunano i luoghi di meditazione sono l’acqua e l’orientamento dell’edificio. Il tempio pagano, e poi la chiesa, venivano edificati in luoghi con diffusa energia cosmo tellurica, dove al centro si intersecano due vie d’acqua più o meno profonde (San Galgano Guidotti 1148-1181), qui l’intersezione corrisponde al punto dov’è stata conficcata la spada nella roccia, mentre nella basilica corrisponde al l’altare).

Le esperienze mistiche, prodigi, miracoli e strani fenomeni avvengono solitamente in luoghi di profonda energia per le condizioni naturali dell’ambiente. È la magia dei luoghi che in antichità si chiamavano boschi sacri e grotte magiche.

Le caratteristiche energetiche sono capaci di accelerare i ritmi metabolici e acuire la percezione, portare cioè l’uomo allo stato ideale per l’incontro col trascendente. Pitagora restò in Egitto 22 anni, studiò astronomia e diffuse le sue ricerche sull’orientamento degli edifici. Gli antichi consideravano i solstizi come momenti speciali in cui si apriva la comunicazione con “l’altro lato” attraverso porte.

In giugno gli uomini salivano e in dicembre si apriva la porta degli dei che scendevano. I druidi possedevano un sapere analogo e costruirono dei templi orientati in base ai quattro punti cardinali, sopra cui, successivamente, i cristiani edificarono i loro.

Credevano che la posizione dell’edificio fosse al centro dell’universo visibile, trasformandosi in punto geodetico che segnava il luogo di convergenza di cielo e terra.                                        

PERCHE’ IL CAMMINO

Perché l’uomo moderno, abituato alla ricerca di tutte le facilità, intraprende un lungo cammino e spesso patisce volontariamente fatica, disagi, promiscuità e dolori? L’uomo che si mette in cammino sarebbe dunque un eterno insoddisfatto ed un perpetuo interrogante? Oggi nella società dell’abbondanza molta gente, pur non condividendo la fede cristiana, è estremamente sensibile all’esigenza di sapere ciò che conta nella vita, di andare all’Essenziale.

Non si parte portandosi appresso i propri problemi, che restano gli stessi a prescindere dai luoghi di residenza. Proprio in tal senso il pellegrinaggio si discosta dal semplice spostamento; si parte per ritrovarsi. Partiamo dunque per disfarci di tutto ciò che ci impedisce di essere realmente noi stessi. Il pellegrinaggio esalta una presenza sotto forma d’assenza di tutto ciò che ci ha ostacolato, e che ci lega a dove siamo, per trovare un ricongiungimento col proprio essere. Camminare rende liberi, poiché ci si trova costretti ad affrontare e rivedere tutte le nostre certezze al di fuori di un abituale stato confortevole. La stanchezza libera lo spirito dai pensieri fissi, scioglie le emozioni, esaurisce le sensazioni ribelli e, se l’impresa è condotta sino alla fine, si esce vincitore dalle avversità, si dominano la fatica, il freddo, la collera e i piedi doloranti. Si è trovato il coraggio, il cuore.

Simbolicamente, secondo il tracciato di vie complicate disegnate da un destino criptato, la vita umana è proposta come un pellegrinaggio verso il centro (metafora della vita). Chiedersi cos’è veramente indispensabile nell’esistenza costituisce un’impresa che ricorre in tutti i miti antichi come nella Bibbia.

Il non iniziato, il profano ignorerebbe il senso del suo labirinto di Esistenza, la funzione di incontri e ostacoli, li considererebbe come fenomeni esterni dovuti al puro caso o non degni di nota. Solo chi sa leggere o interpretare le combinazioni cifrate del labirinto imparerà a conoscere la direzione, il senso e il significato del viaggio, prendendo coscienza del valore spirituale del percorso.

Il centro del labirinto è la sede di un cambiamento, il passaggio da una vita all’altra, dal mondo delle apparenze a quello dell’Essenza. Un doppio pellegrinaggio: l’uno fisico, cioè il viaggio alla Gerusalemme Terrestre, l’altro spirituale, ovvero il cammino del cuore disseminato di ostacoli, mostri, tentazioni e cadute, per giungere in stato di grazia alla Gerusalemme Celeste.

(maggio 2020)