A cura di Francesco Paolo Brunello – Commendatore dell’Ordine

Qubbat at Sa’Krah, la Cupola della Roccia – Gerusalemme

LA CUPOLA DELLA ROCCIA

Vi sono dei luoghi al mondo in cui lo spazio si trasforma in Potenza.
Dei luoghi che conducono ad un’Altra Dimensione. Questi luoghi chiamati Templi sono le porte che conducono al Sacro ed il Nome di Dio è l’unica chiave che le apre.
Il suo nome Ineffabile è il vero segreto da svelare, il vero tesoro da trovare.
Tra tutti i Templi ce n’è uno assolutamente straordinario e non solo per la sua bellezza ed armonia; si trova a Gerusalemme, nel Nobile Recinto Haram as Sharif, ed è comunemente noto col nome di Qubbat as Sa’Khra, cioè la Cupola della Roccia.
Per i Cavalieri del Tempio è stato, è, e sarà semplicemente “Il Tempio”.
Per quasi un secolo, ne sono stati i rispettosi custodi, ma ancor oggi hanno il compito, direi, anzi, la missione di esserne i custodi morali.
Chi tra di noi ha avuto il privilegio di varcare quella soglia e di percorrere i sentieri che conducono alla Sacra Roccia, non può non aver percepito, almeno per un istante, che quella Roccia è il sigillo della creazione; che quello è il Luogo di sorgente e di ritorno; è l’asse che unisce le viscere della terra con gli spazi siderali.
Chi ha vissuto la Potenza che sprigiona da quell’Edificio non può non comprendere il significato di Shekinnah, la Presenza divina sulla terra.
Ogni templare, nel corso della sua vita, deve compiere almeno una volta, il sacro pellegrinaggio alla Cupola della Roccia per cogliere il senso più profondo dell’investitura a Cavaliere del Tempio.
Il difficile compito che oggi mi è stato affidato è quello di condurre la Vostra fantasia tra i preziosi marmi, i brillanti mosaici e le splendide maioliche del Nobile Santuario sperando che le mie parole sappiano, almeno in parte, evocare i bagliori della Cupola d’oro di Gerusalemme.

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La Cupola della Roccia è il più antico edificio dell’Islàm giunto sino a noi. Ed è sicuramente il più bello. La sua struttura architettonica è esattamente quella realizzata dal Califfo Omayyade Abd al Malik, tra il 688 ed il 691 d.c., con maestranze bizantino-cristiane.
La Cupola, alta più di 20 metri, poggia su 4 pilastri e 12 colonne, che ripartiscono la circonferenza del tamburo della volta seguendo le scansioni delle stagioni e dei mesi, aviluppando, nell’eterna circolarità del tempo, la sacra roccia, apice del monte Moriah, dove secondo la tradizione, avvenne il mitico olocausto di Isacco.
La struttura cilindrica che sostiene la Cupola è circondata da un doppio deambulacro ottagonale, ripartito da 8 pilastri angolari (il numero della rinascita, l’inizio del nuovo ciclo alla fine del 7) e da 16 colonne (il cubo del quadrato), che sorreggono 24 archi reali (tre volte 8, tre rinascite). L’armonia degli spazi è assolutamente perfetta, e il gioco architettonico dei vuoti e dei pieni è incomparabile.
All’esterno la parte inferiore dell’edificio appare come un imponente ottagono, alto circa 13 metri, sormontato dalla splendida cupola dorata. Il rivestimento del muro perimetrale esterno è in parte modificato: i marmi originali della parte inferiore, sono stati sostituiti da Solimano il Magnifico, nel XVI° secolo, con un manto di maioliche azzurre, gialle e verdi; mentre la cupola, in origine ramata, è stata ricoperta nel medesimo periodo, con una lega dorata, l’interno invece è pressoché intatto.
L’intera volta della cupola, il tamburo su cui poggia, le arcate dei due deambulacri e le parti più alte del muro perimetrale, sono ricoperti da stupendi mosaici a tessere vitree e dorate, che disegnano motivi floreali, vasi ed anfore.
La fascia superiore interna ed esterna dell’arcata ottagonale che ripartisce i due deambulacri, riproduce, utilizzando tessere d’oro su sfondo verde, alcune ayet (versetti) del Corano, scritte nella antica e spigolosa grafia cufica, unica utilizzata all’epoca per riprodurre il Sacro Kalam (testo) .
La roccia, di forma irregolare, sporge di circa un metro e mezzo dal pavimento, ed è circondata da un pluteo (o paratia) ligneo traforato, risalente al XII° secolo, che ne vela la vista al fedele.
Sotto la roccia vi è una grotta alla quale si accede attraverso una scala discendente di 16 gradini. La grotta è in comunicazione con la sommità della roccia che la sovrasta, per mezzo di un foro dal diametro di poco più di mezzo metro, chiamato “il pozzo delle anime”.
All’Edificio si accede attraverso quattro porte, orientate secondo i punti cardinali. La porta più importante, detta della Qiblà, è orientata verso la Moschea di Al Aqsa, che sorge a sud di Haram as Sharif, la spianata delle moschee. Quella orientale conduce verso la porta murata di Gerusalemme, detta anche Porta d’Oro o della Misericordia, e guarda la valle di Ghidron e il monte degli ulivi e i cimiteri islamici, cristiani ed ebraici.

La Cupola della Roccia, viene impropriamente chiamata “Moschea di Omar” (il secondo califfo dell’Islam dopo Maometto), ma in realtà non è una moschea. Non ha la caratteristica forma quadrangolare, che consente ai fedeli di rivolgersi tutti verso la Qiblà, la nicchia di orientamento della preghiera. La stessa Qiblà manca completamente; non c’è il mikbar, o pulpito dell’imam; non vi sono spazi sufficienti per le prostrazioni. Insomma, la sua struttura costituisce un unicum nell’architettura sacra Islamica.
Che cos’è allora questo edificio? Esso è sicuramente una straordinaria sintesi simbolica della via che l’Uomo deve percorrere per ricongiungersi all’Unità: è un monumento all’unicità di Dio. Secondo la tradizione Coranica, questo è il luogo in cui il Profeta Muhammad, ha compiuto il Mi’hraj, è asceso cioè presso il Trono di Dio, e come Elia ed Enoch, ha avuto, in un istante, la ri-velazione divina della verità.

Le geometrie sacre regolano la sua struttura architettonica, sintesi simbolica dell’ascesa dalla terra al cielo. Il quadrato, rappresentazione simbolica della terra, nella dinamica ascesa, si stacca da se stesso, e ruotando per 45 gradi, si interseca con il suo sé rimasto immobile, formando l’ottagono, fase di passaggio dalla materia allo spirito. Prima fase di purificazione dell’animo umano. Poi, ruotando su se stesso per le simboliche sette volte, secondo la regola del pellegrinaggio rituale del muslim (di chi si sottomette a Dio) attorno alla Kaaba, seguendo il percorso apparente del sole, quel quadrato si intersecherà con se stesso tante volte da apparire, nella tensione della ricerca dello spirito, un cerchio, immagine simbolica del cielo.
Questo cerchio, (il tamburo d’architrave) nella sua potenza cubica sviluppa la tridimensionalità della cupola del Tempio, che culmina nell’appuntita guglia da cui parte l’asse che percorre gli infiniti spazi siderali, ricongiungendo l’Uomo all’Eterno.
Lo sviluppo dinamico e tridimensionale delle geometrie piane realizza ben più di un semplice ingombro dello spazio occupato dall’Edificio che tutti possono ammirare. Esso è una mappa sacra di un pellegrinaggio, cioè di una trasformazione spirituale dell’Uomo che potrà compiersi solo ricongiungendosi all’Unità.
Ecco perché questo luogo era particolarmente amato dai membri delle confraternite Sufi, dei mistici dell’Islam. Percorrendo i deambulacri del Santuario; ritmati dalle scansioni simboliche del tempo, segnato da pilastri e colonne, Essi coglievano l’estasi dell’armonia cosmica seguendo le spirali che conducono al centro, al punto immobile a cui tutto va e da cui tutto torna.

Questo luogo, questo Tempio, è quindi una porta di passaggio, un luogo di resurrezione. La grotta, che racchiude, evoca un altro luogo di morte e rinascita. La volta della grotta, cupola a sua volta di un tempio grezzo e primordiale, è in comunicazione con l’interno del Santuario attraverso il pozzo delle anime, attraverso il quale, secondo la tradizione comune alle tre religioni monoteiste, passeranno le anime dei morti il giorno del giudizio universale. Si spalancherà la Porta murata della Misericordia; si apriranno i sepolcri della valle di Ghidron e dalla grotta della Roccia di Gerusalemme gli empi sprofonderanno nelle viscere della terra e i giusti saliranno presso il trono di Dio.
In una visione esoterica, all’interno di questo edificio, l’uomo muore e rinasce per tre volte; nella grotta, nel santuario e negli spazi infiniti del Cosmo. Morire e rinascere tre volte, sino al raggiungimento della perfezione, nella resurrezione escatologica.
L’asse su cui è stata costruita la Cupola della Roccia è davvero l’asse del mondo. Il Tempio di Gerusalemme è la sintesi dell’Unità. Ben comprendiamo perché il Califfo Abd al Malik abbia voluto riportare sulle fasce delle arcate dei deambulacri alcuni versetti della IV° e XIX° Sura del Corano, tra cui si legge: “Credete quindi nel Vostro Signore e nei suoi inviati e non dite mai tre”…..“ La pace sia su di me, il giorno in cui nacqui, il giorno in cui morirò e quello in cui Egli mi resusciterà. Così parlo Gesù, il figlio di Maria, con parole di verità”.

I Templari hanno fatto di questo luogo un simbolo, forse la loro stessa ragione d’essere. Spesso è stato difficile spiegarne il perché; e ancor più spesso la loro profonda fede in ciò che il Tempio rappresenta ha determinato incomprensioni, confusioni, errori. Sono stati giudicati da chi non ha neppure provato o voluto capire la nobiltà della loro ricerca.

Non Nobis Domine, Non Nobis sed Nomini Tuo da Gloriam

(giugno 2019)