A cura del Cav. Gr. Cr. Domenico Arigò – Priore del Priorato Magistrale di Sicilia

AI MARTIRI TEMPLARI uccisi per la
cupidigia di un Re e l’indifferenza di
un Papa “Diplomatico”.
Morti sui roghi e durante le torture
colpevoli solo di non aver avuto nulla
da confessare.

Introduzione
La presente monografia ha lo scopo di guidare tutti coloro che desiderano accostarsi alla storia del glorioso Ordine dei Cavalieri Templari, senza l’impegno di un voluminoso trattato.
Tali cenni storici hanno il privilegio di indirizzare il lettore in una seria riflessione obbiettiva sul processo storico dell’Ordine (1307 – 1312), sulla sovranità dell’Ordine del Tempio di Gerusalemme e sulla legittima continuità storica sino ad oggi.
Aspetti questi ultimi che pochi storici affrontano. Infatti fiumi di inchiostro sono stati consumati per parlare e straparlare dei Templari dalle origini 1118 sino alla loro soppressione, dovuta alla Bolla Papale di Clemente V 1312, e la condanna al rogo del XXII Gran Maestro Jacques de Molay, il 18 marzo 1314, ma nulla più.
Quando l’Ordine successivamente, invece, ha contribuito alla conquista del nuovo mondo, insieme ai grandi navigatori Portoghesi e Spagnoli.
Ci sarà sempre un Templare che porterà avanti l’Ordine con giustizia, fede e carità cristiana, come nelle sue origini guidato dal nostro motto che è:
“Non Nobis Domine, Non Nobis, Sed Nomini Tuo Da Gloriam”.

CENNI STORICI SULL’ORDINE DEI CAVALIERI TEMPLARI DALLE ORIGINI AD OGGI
La società medievale era divisa in ordini:
– Gli uomini di chiesa, coloro che pregavano;
– I nobili o cavalieri, coloro che combattevano;
– I lavoratori, coloro che producevano ricchezza;
– I servi della gleba che, essendo schiavi, non contavano.
Tale suddivisione era molto rigida. Questi gruppi non potevano mischiarsi e ognuno doveva rispettare gli obblighi inerenti alla sua categoria.
Per quanto interessa l’argomento che stiamo trattando ci soffermeremo sulla seconda categoria: la nobiltà.
L’elevata mortalità infantile costringeva le famiglie ad avere molti figli, nella speranza che almeno uno riuscisse a sopravvivere per perpetuare il casato ed ereditarne i beni. Nei nuclei dove la sopravvivenza era maggiore, la legge del “maggiorasco” assegnava tutto al primogenito maschio: titolo, terre, denaro, onori e cariche. Le femmine servivano per creare alleanze o venivano parcheggiate, volenti o nolenti, in convento; il secondogenito o cadetto, era avviato all’uso delle armi, per essere pronto a succedere al fratello maggiore in caso di morte prematura; il terzo figlio era destinato alla chiesa per dare, in quel campo, il suo contributo al prestigio della casata. Gli altri figli, se ce n’erano, si dividevano tra la pratica delle armi e il convento.
Ma che succedeva quando il cadetto, divenuto cavaliere, doveva prendere il suo posto nella società? La sua situazione era piuttosto tragica: non aveva un titolo, né terre o concessioni feudali che gli consentissero di vivere.
Nelle loro vene scorreva il sangue dei barbari conquistatori che avevano distrutto l’Impero Romano: Goti, Vandali, Longobardi, Franchi e Normanni. Fondendosi con i Latini si erano civilizzati e convertiti al cristianesimo.
Nessuno riusciva a tenerli a freno, erano altezzosi e arroganti, consapevoli, sebbene poveri, di appartenere ad una casta esclusiva.
La Cavalleria si presenta come una casta supernazionale, i cui membri non avevano patria, né dovevano fedeltà a persone, ma ad un’etica morale avente come valori fondamentali l’onore, il coraggio, la ricerca delle supreme verità politiche e spirituali.
Da questa categoria di cadetti vennero, in massima parte, coloro che si fecero Templari.
L’Ordine del Tempio, infatti, rispose alle esigenze di questi giovani ed essi, grati, gli dedicarono tutte le loro energie e ciò che sapevano fare di meglio: combattere e produrre. Tutti, giovani e meno giovani, trovarono una risposta alle loro aspettative:
– un ideale a cui dedicarsi;
– l’avventura, rappresentata dalla conoscenza di luoghi lontani e dalla guerra in Terrasanta o contro i Mori in Spagna e Portogallo;
– un capo indiscusso a cui obbedire;
– un Ordo, cioè un Ordine a cui appartenere, nel preciso senso medievale di “posto nella società”;
– una famiglia, che sostituiva quella che li aveva scacciati;
– la Regola, una forma di vita disciplinata;
– un prestigio che aumentava, nei Cavalieri, la Nobiltà del casato e nobilitava gli altri, che ne erano privi;
– La sicurezza economica.

Nel Tempio non entrarono solo i Cavalieri, ma anche uomini liberi che venivano dal ceto borghese, mercantile e artigianale.
Il Tempio fece di costoro la spina dorsale dell’Ordine.
Dopo la I^ Crociata – 1099, Gerusalemme era il nuovo mondo, flotte di pellegrini, commercianti, affaristi si recavano in Terrasanta, non avendo questi nessuna protezione durante il tragitto da Jaffa dove con le navi sbarcavano, sino ad arrivare nella città di Gerusalemme venivano quasi sempre derubati dai predoni che imperversavano nella zona.
Si sentiva la necessità di costituire una milizia armata a difesa dei pellegrini. A tale scopo nove Cavalieri alla guida di: Ugo di Payns,(nome tradotto da alcuni autori come “Ugo dei Pagani”, sposato con la scozzese Caterina St. Clair o Sinclair, una delle famiglie più in vista d’Europa),Geoffrey de Saint-Omer, Goffredo Bisiol, Andrea di Montbard, Pagano di Montdidier, Arcibaldo di St. Amand, Gondemaro, Rossal e Rolando, si riunirono e diedero vita al più grande e glorioso Ordine Cavalleresco che la storia abbia mai scritto, col titolo iniziale di “Poveri Cavalieri di Cristo”.
Dopo anni di questo servizio reso in silenzio e con grande amore e coraggio Re Baldovino I, primo Re di Gerusalemme, concesse a questi Cavalieri, che nel frattempo erano diventati numerosi, in segno di riconoscenza, la sua vecchia residenza che sorgeva nel luogo del vecchio Tempio di Salomone. Da questo palazzo, quelli che in origine erano conosciuti come – Poveri Cavalieri di Cristo – furono detti “Cavalieri del Tempio – o semplicemente – Templari”.
All’inizio, questo nuovo Ordine venne guardato con sospetto da molti ecclesiastici europei, poiché contrastava una millenaria tradizione cristiana che si opponeva alla guerra. Ma già la crociata sanzionata dal Papa aveva creato un compromesso tra guerra lecita e illecita giustificando agli occhi di tutti un tipo di guerra considerata “Santa”, perché combattuta contro gli “Infedeli” nemici di Cristo. Machiavelli non era ancora nato ma, già allora, il fine giustificava i mezzi.
Le crociate, hanno avuto inizio e pubblicizzate, al grido “D i o lo v u o l e”.
Ciò che più sconcertava era l’unione, nella figura del Templare, due realtà distinte e separate della società medievale: il monachesimo e la cavalleria. Il diavolo e l’acquasanta. Il Templare era allo stesso tempo l’uno e l’altro.
Rompendo la rigida tradizione che voleva le due categorie isolate l’una dall’altra, i Templari diedero vita ad un Ordine unico nel suo genere. Erano frati perché pronunciavano i voti monastici di obbedienza, castità e povertà, ma non erano preti, quindi non potevano dire messa, né somministrare i Sacramenti. Nello stesso tempo erano guerrieri perché pronunciavano un quarto voto che li impegnava a difendere con le armi la Terrasanta, le strade, i pellegrini ed a combattere i nemici della fede cristiana.
La diffidenza iniziale venne ben presto abbandonata, perché essi erano indispensabili per mantenere in piedi il regno crociato ed il Re di Gerusalemme Baldovino I° non faceva che ripeterlo all’occidente cristiano.
In chiave moderna potremmo dire che i templari sono stati per circa due cento anni, i caschi blu in terrasanta.
Nel 1128, Baldovino I° mandò Ugo, primo Gran Maestro dei Cavalieri del Tempio, in Europa per reclutare crociati e portare lettere al Papa ed ai Sovrani, nelle quali elogiava l’opera dei Templari. Il Papa convocò un concilio a Troyes, dove l’Ordine fu riconosciuto ufficialmente.
Questo avvenimento produsse tre effetti:
– Le donazioni (tutti dai più grandi ai più piccoli strati sociali vollero donare qualcosa a questo nuovo Ordine);
– L’affidamento di beni da parte dei pellegrini durante la loro assenza per il pellegrinaggio;
– La necessità di creare strutture in Europa che amministrassero il patrimonio così rapidamente acquisito ed in grado di far fronte ai bisogni di quanti si rivolgevano a loro.

I Templari divennero una vera e propria polizia della strada, le loro precettorie, commenderie, o case o domus templare, punteggiavano a distanze regolari gli itinerari più usati (circa ad una giornata di marcia tenuto conto del passo dei più deboli, vecchi, bambini e donne) erano considerati punti di sosta privilegiati e rifugi sicuri ed inviolabili. Le pattuglie templari facevano costantemente la spola tra una casa templare e l’altra e molto spesso i pellegrini ed i viandanti preferivano allungare il percorso, pur di raggiungere i tratti che sapevano pattugliati dai Templari.
Viaggiare nel Medioevo era estremamente pericoloso, non c’era alcuna protezione sulle strade, i guadi erano difficoltosi, i pochi ponti esistenti in pessimo stato di conservazione e soprattutto vie e campagne erano infestate da banditi e soldati di ventura che derubavano e uccidevano quanti incontravano.
Pochi avevano conoscenze geografiche, i più, nella loro vita, si erano spostati al massimo sino alla città più vicina o avevano lasciato il borgo natio per andare a qualche fiera o mercato nelle immediate vicinanze.
Ma il coraggio e la fede li spingeva ad attraversare, in moltissimi casi, l’Europa intera.
I Templari giunsero provvidenziali e supplirono a tutte queste mancanze: facendo da guida agli sperduti, fornendo scorte e ricoveri a chi transitava, controllando i guadi, riattivando e consolidando i vecchi ponti romani o costruendone di nuovi e difendendo pellegrini e viandanti dai malviventi.
Nel 1147 Papa Eugenio III concesse ai Templari di portare sul mantello, in alto a sinistra, il simbolo della croce rossa. Era la croce del pellegrinaggio armato a Gerusalemme, la “crociata”: portarlo sempre significava esser “crociati per sempre”.
L’insegna Templare – presto ripetuta anche sugli scudi -.
I Templari portavano capelli rasati, barba lunga (il che, nel XII secolo, non era affatto consueto per gli occidentali, salvo penitenti e pellegrini) e avevano il divieto sia di prender bagni all’uso orientale, sia di cacciare, escluso il leone, che pare fosse ancora presente in Siria-Palestina.
L’Ordine ottenne ampi privilegi con la bolla << Omne Datum Optimum >>, di Papa Innocenzo II, del marzo 1139, che stabiliva che esso dipendeva direttamente dalla Santa Sede, che l’elezione del Maestro sarebbe stata diritto esclusivo dei monaci (senza alcuna interferenza esterna), che i Templari avrebbero avuto sacerdoti propri, che avrebbero potuto godere dei diritti fiscali connessi ai beni che venivano loro donati, che avrebbero altresì il diritto di far questue e raccogliere elemosine, e i “sacerdoti” cioè i monaci-templari, non ubbidivano ai Vescovi, ma solo al Gran Maestro, e/o al Papa.
Altre bolle ampliarono i diritti e le prerogative del Tempio, in genere a scapito delle Chiese locali e quindi con poca gioia dei Vescovi: in tal modo l’Ordine divenne un formidabile strumento nelle mani delle aspirazioni monocratiche del Papa sulla Chiesa latina. Il governo dell’Ordine ebbe sede a Gerusalemme fino al 1187, quando la città fu riconquistata dai musulmani; poi ad Acri, fino al 1291, quando dovette spostarsi per la stessa ragione; infine a Cipro, isola donata ai Templari, dal Re Riccardo Cuor di Leone, per gli aiuti ricevuti dai Templari.
La ramificazione delle case dell’Ordine in Oriente e in Occidente, i privilegi che lo rendevano praticamente immune da pretese giuridiche tanto ecclesiali quanto locali, la forma di coraggio e di rettitudine dei monaci-cavalieri recò una straordinaria ricchezza immobiliare. Lo sfruttamento delle risorse ad essa collegate e l’accorto uso di capitali affidati al Tempio consentirono l’avvio di una vera e propria attività bancaria, che fu la prima del genere in Europa.
Grazie alle case dell’Ordine “Domus Templare”, era possibile trasferire somme senza spostare concretamente il danaro liquido, ma affidandosi semplicemente a lettere di cambio che i Templari accettavano di gestire e di onorare.
Senza dubbio, in ciò, fu importante che l’Ordine vivesse in Terrasanta a stretto contatto con i mercanti delle città marinare italiane, che avevano continuamente problemi ed esigenze del genere.
L’Ordine era molto ricco. Le donazioni provenivano da quanti entravano nel Tempio, da quanti anche provvisoriamente vi si associavano, ma anche da chierici e da laici per vari motivi. Non meno vari i tipi e le entità di tali donazioni: intere proprietà complete degli annessi diritti, castelli, dimore rustiche, diritti di riscossione d’imposte varie, lasciti più o meno consistenti in danaro, perfino oggetti, soprattutto armi e beninteso animali, non solo cavalli da guerra.
Oltre alle donazioni, v’erano i lasciti testamentari – di solito a fronte della concessione del diritto di esser sepolti nei cimiteri dell’Ordine – e le elemosine. Le donazioni pro-anima potevano essere anche consistenti, e comportavano l’obbligo dei membri dell’Ordine di pregare per il donatore: una sorta di assicurazione sulla vita eterna. In Spagna, Siria e Palestina le donazioni erano particolari, castelli, anzitutto, ma anche territori da conquistare, il che costituiva un incentivo alla guerra.
La ricchezza dell’Ordine era rigorosamente finalizzata a uno scopo: la difesa della Terrasanta. Dall’Europa, che, per il Tempo, era l’oltremare, partivano regolarmente verso il Levante guerrieri equipaggiati, cavalli, armi, materiale bellico; fortezze e guarnigioni si mantenevano con una quota fissa, la responsio, pari a un terzo della produzione dei beni dell’Ordine. I prodotti agricoli venivano accuratamente commercializzati; ai proventi di tale attività si deve aggiungere l’entità dei canoni corrisposti dai contadini.
Accanto a questa densa attività in campo fondiario, l’Ordine ne aveva sviluppata una sotto il profilo finanziario: non diversamente dagli altri Ordini militari, ma in modo forse più sistematico. La tendenza molto netta, nell’Ordine, era di convertire in danaro liquido ogni tipo di canone e di diritto. Inoltre la sicurezza delle case templari – a doppio titolo: come fortezze militarmente custodite e come case difese da speciali forme di privilegio spirituale, che rendeva particolarmente grave il profanarle – era nota al punto che chierici, laici e perfino sovrani se ne servivano per custodirvi i loro beni più pregiati.
Il Tempio agiva come un vero e proprio banchiere, alla fine del Duecento la sede di Parigi gestiva una sessantina di conti corrispondenti ad altrettanti depositi di illustri personaggi francesi, tra i quali il Re. Il danaro veniva anche fatto fruttare e , insomma, si può parlare a tutti gli effetti di una corretta attività creditizia.
Lo storico Matteo Paris diceva che i Templari erano “orgogliosi e avari”.Da che cosa veniva questo orgoglio? Veniva soprattutto dal fatto di non essere più degli spostati, dei cittadini di seconda categoria, costretti ad elemosinare un ingaggio in guerra, un lavoro di seconda scelta o di essere tartassati e umiliati da chi magari era meno capace e valoroso di loro, ma aveva avuto solo la fortuna di nascere primogenito.
Il Tempio era la loro famiglia e la loro casa. Dava a tutti coloro che lo servivano, in qualsiasi veste, sicurezza e prosperità sino alla morte. Il loro orgoglio era legittimo, perché sapevano di far parte di un élite, un gruppo esclusivo che tutti invidiavano e temevano e la cui ricchezza consentiva ai suoi uomini di guardare dall’alto in basso tutti gli altri.
Quella che per alcuni era considerata l’avarizia dei Templari, era al contrario parsimonia. In una società dedita allo spreco, alle gozzoviglie e che s’indebitava sino al collo per inbandire banchetti puntagruelici e feste sfarzose in ogni occasione, l’oculata amministrazione templare, nemica di ogni spreco, veniva scambiata per avarizia.
Ma era proprio il non sprecare nulla che favoriva l’arricchimento dell’Ordine.
Coloro che entrarono nel Tempio, dopo il 1140, abbandonarono la vecchia mentalità feudale, appresero che ottenere terre e lasciarle incolte non era produttivo, che possedere case vuote non era utile, che i commerci e le attività artigianali erano redditizi. E la ricchezza era potere. Si guardarono intorno e si giudicarono, ogni uomo del Tempio aveva particolari doti che potevano essere sfruttate al meglio, applicarono così una filosofia, l’uomo giusto al posto giusto.
Ogni Templare venne impiegato nel ruolo più congeniale alle sue capacità innate e dove poteva dare il meglio di sé.
Gli spostamenti da un incarico all’altro o da una Domus ad un’altra servivano ad aumentare l’esperienza dei singoli, mettendoli in grado di assolvere, con competenza, più compiti.
Anche i Normanni, padroni della Sicilia e dell’Italia meridionale, contagiati dai cugini della Normandia, concessero subito ai Templari di erigere case nei loro domini insulari e continentali. Secondo gli storici, la prima sede italiana dell’Ordine del Tempio, fu quella di Messina, fondata nel 1131. Pochi anni dopo sorgevano quelle di Roma, Milano, Treviso e via via tutte le altre.
A differenza dell’Inghilterra, della Francia, della Spagna, in Italia i Templari non avevano sedi in fortezze, ma grandi sedi cittadine con chiese aperte al popolo, case-forti in punti strategici, complessi di edifici strutturati su pianta quadrata nei borghi e nei paesi e piccole case con preminenti caratteristiche agricole. Tutti i porti, soprattutto quelli frequentati da crociati e pellegrini, avevano il loro insediamento templare, Messina era l’ultimo avanposto prima di arrivare in Terrasanta, quasi tutti gli eserciti che si recarono lì a combattere, passarono dal porto di Messina, come il Re Riccardo Cuor di Leone, come anche i maggiori dignitari dell’Ordine.
Dalla seconda metà del XII secolo, l’Ordine disponeva anche di navi sulle quali faceva circolare merci e pellegrini: in porti come Marsiglia e Brindisi la loro attività nautica era notevole.
La vita quotidiana, in una qualunque commenda templare, stando agli statuti dell’Ordine, era molto semplice. Le privazioni erano limitate, com’è logico per un Ordine che ospitava dei combattenti, si indossava vestiario adatto a difendersi sia dal freddo sia dalla calura, si facevano due pasti completi al giorno tranne che nei periodi di digiuno, si mangiava carne tre volte alla settimana. La preghiera occupava gran parte della giornata di un Templare.
La storia dell’Ordine dei Templari in Terrasanta è tutta un’epopea di eroismo e di sacrificio; la riconquista di Ascalonia (1153) la difesa di Gaza (1171), la battaglia di Tiberiade (1187), l’eroico sacrificio di Damiotta
(1219) le battaglie di Aleppo e al –Mansourah (1221) ed il martirio di Sephet (1262) e di S. Giovanni d’Acri (1291), furono le gemme della gloriosa corona di questa milizia consacrata in difesa della fede.
Anche in Europa, vi furono atti di eroismo dell’Ordine del Tempio, in Portogallo, durante il secolo XII° per riconquistare la terra Lusitana dal dominio Islamico; per tali imprese l’Ordine venne ricompensato con la concessione di vasti territori donati dalla Regina Teresa (1114 – 1128) dal figlio Alfonso I° (1128 – 1185) e dal suo successore Sancio I° (1187 – 1211).
In meno di due secoli l’Ordine Templare si espanse enormemente e divenne una vero e proprio Stato, ricchissimo e potentissimo.
Numerose Bolle di Papi, colmarono l’Ordine di benefizi e gli concessero privilegi. I Re ed i Principi nominarono l’Ordine proprio banchiere, riscuotendo i tributi e ad essi affidavano le proprie ricchezze quando partivano per la guerra. Era chiamato da tutti i Sovrani per la difesa dei propri territori, ed in cambio ricevevano ricche elargizioni e numerosi beni. Ad un certo momento della propria storia, l’Ordine possedeva 150.000 adepti con circa 15.000 Cavalieri, 900 Domus Templari sparse nel mondo, mentre il suo tesoro oltrepassava i 150.000.000 di fiorini d’oro…
Dominavano Parigi, col famoso Castello del Tempio, vera roccaforte nel cuore della Francia. I migliori Castelli di Spagna, Portogallo, Germania, Austria, Inghilterra, Francia, Italia, etc. gli appartenevano.
Era padrone di oltre 10.000 tra case e castelli e di innumerevoli tesori d’arte e di oggetti d’argento e d’oro. Dal Re Riccardo Cuor di Leone, ebbero in dono, con potere sovrano, l’Isola di Cipro. Fondarono città e castelli, cominciando, però a suscitare l’invidia dei potenti.
Dopo la ritirata dei Crociati da San Giovanni d’Acri, i Templari spostarono il loro Gran Magistero nell’isola di Cipro.
Nel 1305, il Papa Clemente V, ordinò ai Cavalieri Templari e ai Cavalieri di San Giovanni, oggi Cavalieri di Malta, a entrambi di spostare le proprie sedi a Parigi, solo i Templari ubbidienti al papato hanno accattato, col senno di poi, si può affermare che il complotto re di Francia e papato aveva avuto inizio.
Le immense ricchezze accumulate, stimolarono l’odio e la cupidigia di Filippo IV detto “il Bello”, re di Francia. Avendo questi fatto elevare al massimo soglio Pontificio l’Arcivescovo di Bordeaux (Francia), Bertrand de Goth, “Papa Clemente V” che per la prima volta nella storia del papato, spostò la santa sede, da Roma ad Avignone (Francia), sede papale che durò circa ottanta anni, poi ritornò a Roma. Il re di Francia, sperando nell’appoggio papale, iniziò una campagna denigratoria contro i Templari ed applicò sui loro beni in Francia imponenti balzelli, violando così le immunità concesse ai Templari, dai papi in passato.
FILIPPO IV° DETTO “IL BELLO”
È il Re che scomunicato, scomunicava a sua volta la Fiandra per mezzo dell’Arcivescovo di Senlis. È il Re che aveva piegato ai suoi voleri il clero di Francia, imprigionandone i rappresentanti, ordinandone l’espulsione dal regno e la confisca dei beni. È colui che, dispregiando le formidabili armi spirituali di cui sino allora aveva disposto solo la Chiesa, se ne serviva a sua volta per colpire ecclesiastici e laici. È il Re che aveva fatto vigilare tutti i porti, i valichi e le vie di accesso al suo regno, per impedire che gli giungesse la Bolla di scomunica.
Filippo escluse i sacerdoti dall’amministrazione della giustizia, riservando ai suoi ufficiali la facoltà di punire; in tal modo tolse alla Chiesa uno dei suoi più importanti strumenti di potere del quale si valeva per colpire l’eresia. Limitò l’aumento di proprietà da parte degli ecclesiastici. Le sue innovazioni infersero un colpo mortale al feudalismo, alla Cavalleria, al Pontificato, misurandosi ora con gli ecclesiastici ora con i nobili, ai quali sottrasse le terre e ridusse i dirittti: affrontò cattolici ed ebrei, sostituendo alla tirannide religiosa quella di un nuovo signore, il re, derivante il suo potere direttamente da Dio.
È significativo notare come le prime dicerie contro l’Ordine iniziarono a circolare in Francia alla fine del 1305, dopo che Filippo il Bello, trovandosi in grave dissesto finanziario, aveva richiesto con urgenza a tutti gli amministratori reali l’invio immediato delle tasse e dei tributi alla Corona; tali richieste portavano le date del 20 settembre e 4 ottobre 1305.
Purtroppo, dopo due secoli di vita sempre in crescendo, nel momento del maggior bisogno, nell’Ordine venne a mancare il punto fermo della filosofia templare: l’uomo giusto al posto giusto.
Il disegno di Filippo il Bello fu favorito da due fattori determinanti: la presenza, a capo dell’Ordine, di Jacques de Molay uomo di capacità e qualità nettamente inferiori a quanti lo avevano preceduto; la perdita di un gran numero di effettivi di veterani dell’Ordine, caduti nelle ultime battaglie in Terrasanta, e sostituiti da giovani, i quali si trovarono ad occupare incarichi di elevata responsabilità, senza la necessità di riferirsi ad esempi viventi.
Il giorno 13 ottobre 1307 Filippo IV° fece arrestare contemporaneamente, all’insaputa del Papa, tutti i Templari francesi, sottoponendoli immediatamente a torture disumane, segregazione e interrogatori allo scopo di estorcere confessioni che consentissero di pretendere dal Papa la condanna e la soppressione dell’Ordine.
Le torture subite dai Cavalieri Templari furono in tutta la Francia spaventose, a decine morirono durante le torture, colpevoli solo di non aver nulla da confessare, altri dissero tutto quello che gli aguzzini del Re, volevano che dicessero.
I processi celebrati dalle Commissioni pontificie fuori di Francia, in tutti i paesi europei, dimostrarono che i Cavalieri erano innocenti dalle mostruose accuse; l’adorazione che essi – secondo Filippo il Bello – avrebbero rivolto all’idolo Baphomet si rivelò un’invenzione: nessun Cavaliere fu condannato.
Papa Clemente V, non aveva fatto altro che andar ripetendo ai contemporanei che l’<> (il Re Filippo IV) non perseguitava i Templari per avidità, così tutto era perfettamente in ordine, i documenti accuratamente allegati agli atti, che anche i posteri potessero sapere del giusto verdetto che aveva colpito i Templari.
Clemente V, in un ultimo tentativo di salvare la sua immagine di Papa, indisse un concilio delle massime autorità ecclesiastiche europee, a Vienne nel Delfinato, demandando loro la responsabilità del verdetto: qui la maggioranza assoluta, tranne i Cardinali francesi, si pronunciò per l’innocenza e l’assoluzione dell’Ordine. Filippo il Bello, informato per tempo di quanto stava per accadere, si presentò al Concilio con la sua armata. E i Cardinali cedettero condannando l’Ordine. Era il 22 marzo 1312. Affiancato dal Re, Clemente V pronunciò la sentenza che scioglieva l’Ordine del Tempio per via amministrativa , senza tuttavia alcuna condanna, “non senza amarezza e tristezza di cuore, non per via di giudizio, ma per decisione apostolica”.
A soffrire il maggior danno per la soppressione dell’Ordine, al di là dei templari, fu senza dubbio la chiesa, soprattutto il papato. I membri del concilio, ritornando nelle loro rispettive sedi, diffusero l’amara notizia che il Papa era succube del Re di Francia.
La gente apprese la dura realtà: un papa debole aveva sacrificato all’avidità di un re un intero ordine.
Quando il 18 marzo del 1314, di fronte ai Cardinali e alle massime autorità francesi, Jacques de Molay proclamò a gran voce l’innocenza dell’Ordine accusando il re di avere estorto false testimonianze con la tortura, Filippo il Bello scavalcando l’autorità papale lo mandò, la sera stessa, al rogo.
La tradizione vuole che Jacques de Molay, legato al palo e già avvolto dalle fiamme, abbia gridato: “Clemente V, giudice iniquo e crudele carnefice, io ti ingiungo di presentarti, entro quaranta giorni, davanti al tribunale di Dio, e tu Filippo, re ingrato e ambizioso entro un anno!”.
Trentasette giorni dopo, il Papa moriva.
Il 29 dicembre 1314, nove mesi e dieci giorni dopo il Re Filippo, che aveva disonorato i Cavalieri del Tempio, incontrava la morte più ignobile per un cavaliere: rimaneva ucciso per una caduta da cavallo.
Molti nobili si astennero dall’assumere le difese dell’Ordine perché sperarono che, una volta esso estinto, fosse loro possibile recuperare le donazioni fatte dai loro antenati e, nonostante l’intransigenza del Papa, il tesoro dei Templari costituì una fonte alla quale attinsero tutti: chi vi attinse direttamente, chi tramite l’Ordine di S. Giovanni (oggi Cavalieri di Malta).
La Chiesa Cattolica Apostolica Romana, sa bene che all’Ordine Templare è stato fatto un torto, sa anche che, col pretesto della Santa Inquisizione, mandarono al rogo centinaia di innocenti.
Proprio un periodo nero da cancellare dalla storia della Chiesa Cattolica, vittima dell’oscurantismo.

Da: “ENCICLOPEDIA CATTOLICA” VOL. XI – CITTA’ DEL VATICANO – ANNO 1949
…d’altra parte si sa con certezza che i prigionieri subirono spaventevoli torture. Il frate Ponsard de Gisi <<confessò che era stato collocato in una fossa, le mani legate dietro la schiena così strettamente che spicciò il sangue fin dalle unghie…protestando che, se fosse ancora sottoposto alla tortura, avrebbe rinnegato tutto quello che aveva detto e detto tutto ciò che avrebbero voluto>>

I sergenti reali non trovarono un solo esemplare della pretesa regola segreta che proclamasse l’eresia e i costumi infami e neppure alcun esemplare degli idoli, ai quali i loro accusatori pretendevano che i Templari rendessero un culto idolatro. Senza dubbio Filippo il Bello voleva la perdita dei Templari, perché sempre a corto di denaro, bramava le loro ricchezze. Ad ogni modo, egli esercitò su Clemente V tale pressione, che questi soppresse l’Ordine senza tuttavia condannarlo.
Guglielmo Mollat
Durante i processi “Farsa” contro l’Ordine dei Cavalieri Templari:
In Germania al Concilio di Magonza 1310, l’Arcivescovo avendo ricevute disposizioni severe dal Pontefice Clemente V, convocò i padri per emettere una sentenza di condanna, quando improvvisamente Ugo Waltgraff o Conte di Silvestro irruppe nel concilio insieme con altri 20 Fratelli Templari vestiti dei loro bianchi mantelli crociati e sotto i mantelli le armi.
Il Conte affrontò con voce ferma il presidente del Concilio protestando, contro le persecuzioni di cui egli e i suoi si sentivano fatti ingiustamente oggetto: “O Presule di Magonza – furono le sue parole – vedo che oggi vi siete riuniti per votare a duri supplizi e per togliere di mezzo con sofferenze di ogni genere me ed i Fratelli che sono con me, tutti soldati del Tempio Santo, irrorato del nostro sangue e a lungo difeso e conservato per la Cristianità.
Sappi però, e riferiscilo al tuo clero qui presente, che troppo ingiustamente si procede contro un Ordine Santo e tanto utile alla Cristianità e che, a nome mio e dei miei Fratelli immeritatamente perseguitati, ci appelliamo al Pontefice che sarà eletto prossimamente a successore dello spietato ed iniquo tiranno Clemente, e a lui ed a tutto il mondo Cristiano proveremo la nostra innocenza”.
Pietà e paura portarono all’assoluzione, dei Templari.
(da: dossier Templare – M. Lo Mastro)
L’Ordine godeva di una giurisdizione del tutto autonoma essendo stato affrancato da ogni potere temporale e spirituale che lo rendesse suddito d’altro sovrano. Infatti il Concilio di troyes, tenutosi sotto il pontificato di Onorio nel 1128, riconobbe l’Ordine, la Bolla <> di Papa Alessandro III, datata 18 giugno 1163, decretò lo svincolo dell’Ordine dalla sudditanza verso qualsivoglia Sovrano temporale, mentre la Bolla <> del Pontefice Clemente IV, dell’8 giugno 1265 sollevò il Tempio anche da ogni sovranità ecclesiastica, proibendo ad ogni ecclesiastico <>.
Il Gran Maestro veniva riconosciuto quale Principe dell’Ordine. Sudditi istituzionali dell’Ordine i Cavalieri.
I fini dell’Ordine non erano soltanto spirituali, ma anche temporali, cioè politici, militari, civili, etc., ed a questo fine l’Ordinamento Templare si fondava su di un’assoluta Sovranità, e disponeva degli strumenti necessari all’autodeterminazione nella più assoluta indipendenza. Dalla Regola Francese si apprende come avesse facoltà di dichiarare la guerra e fare la pace (R. F. art.85), e dalla Regola Latina come esso reggesse sovranamente i suoi domini (R. L. Cap. II).
Del resto l’origine dell’Ordine non è dipesa affatto dalla volontà della Santa Sede.
Furono i nove Cavalieri guidati da Ugo de Payns, motu proprio, a congregarsi, ed il Re di Gerusalemme Baldovino I gli riconobbe, ed assegnò loro il Tempio di Salomone.
In effetti che i Cavalieri del Tempio di Gerusalemme non si siano affatto sentiti lesi nella loro Sovranità dalla Bolla di Clemente V, è cosa certa, ma solo danneggiati e gravemente, da un atto d’ostilità politica che comportò, oltre al martirio dei Cavalieri arsi sui roghi, o morti durante le torture, la perdita di quasi la totalità dei beni materiali.
-ILLEGALE fu che l’inchiesta contro l’Ordine venne condotta da funzionari del Re e dall’Inquisizione di Francia. Il procedimento era già stato avviato dal Pontefice.
Il grande inquisitore non aveva alcun diritto d’immischiarsi in un atto d’ufficio del Papa.
-ILLEGALE fu la detenzione dei Templari. Il grande inquisitore di Francia non aveva alcun mandato per mettere sotto accusa intere province dell’Ordine e imprigionarne i membri.
Il Gran Maestro e le massime autorità del Tempio non erano sudditi del Re, erano dignitari di una istituzione sovrana.
La condotta del Re fu una violazione del diritto di proporzioni inaudite.
-ILLEGALE fu che il Pontefice tollerasse la condotta di Nogaret Ministro del Re. Bandito da tre Papi, questi era uno scomunicato, estromesso dalla Chiesa. Come mai gli fu concesso, a nome proprio della Chiesa, di arrestare il Gran Maestro d’un ordine e, colmo dei colmi, con l’accusa di eresia? Nei confronti di questo delatore dell’Inquisizione Clemente V non ebbe neppure una parola di protesta.
Clemente V si comportò illegalmente non procedendo mai personalmente all’interrogatorio del Gran Maestro Molay. Il Papa tornò sempre ad insistere che era stato il Gran Maestro stesso a riconoscere la colpevolezza dell’Ordine. Perché però rinunciò a interrogare di persona un testimone di tale importanza, sebbene attribuisse tanto peso alle sue affermazioni?
-ILLEGALE fu la violazione del diritto degli accusati a vedersi concedere dei giudici imparziali. Clemente V nella sua commissione nominò dei nemici dichiarati dell’Ordine.
Non era certo nell’interesse di giudici compromessi come Aycelin di Narbona o l’Arcivescovo di Bourges che la verità venisse accertata obiettivamente.
-ILLEGALE fu lo stesso tribunale pontificio a Parigi, perché limitò la sua inchiesta alla sola Francia benchè si dovesse stabilire la colpevolezza di tutto l’Ordine, sparso in tutto il mondo Cristiano.
-ILLEGALE fu l’ingerenza dei funzionari del Re nell’inchiesta pontificia. Che ci facevano Nogaret e Plaisians, due ministri del Re, nel palazzo vescovile?
-ILLEGALE fu la repressione d’ogni tentativo di difesa nel contesto del Concilio di Vienne, nonché l’arresto dei sette Templari che si presentarono nella cattedrale per patrocinare l’Ordine. Anche se Clemente era da tempo deciso a sopprimere l’Ordine per via amministrativa, avrebbe dovuto concedere ai Templari una qualche forma di difesa, tanto più che era stato lui stesso a invitarli al Concilio. La Chiesa intesa come comunità dei fedeli, aveva diritto a sentire entrambe le campane, quella degli accusatori e quella degli accusati. “Audiatur et altera pars!”
-ILLEGALE fu la maniera in cui si procedette per quanto riguardava i beni dei Templari.
L’altissima richiesta d’un milione di lire tornesi supera certamente il valore delle proprietà trasferite. La donazione di centomila lire tornesi che il Re fece al Pontefice a vicenda conclusa per l’incomodo sostenuto equivale, in pratica, a corruzione. Lo stesso dicasi per la somma che il Papa riscosse dai Cavalieri di Malta, dopo aver dato a loro parte dei beni dei Templari.
Infine fu ILLEGALE anche la condanna del Gran Maestro da parte del regio consiglio della corona. Come poteva un tribunale dello Stato mettere a morte il massimo esponente d’un ordine sovrano? Il Re s’arrogò anche in quest’occasione diritti ecclesiastici, scavalcando il capo della Chiesa, il sommo giudice della cristianità, in un crescendo di mancanza di riguardo, di disprezzo. Una sentenza della Chiesa emessa in un ambito così privo di validità legale non può continuare a sussistere. Basterebbero i ventimila Cavalieri che l’ordine perse nelle crociate ad esigere che si tuteli l’onore di quest’istituzione: ma naturalmente sono soprattutto le vittime di quest’ingiusto processo ad aver diritto a una riabilitazione.
I rappresentanti del clero, soprattutto Papa Clemente V e i suoi cardinali, vescovi e inquisitori francesi, si macchiarono di grandissime ingiustizie nel processo ai Templari.
Il più grande assassinio giudiziario del medioevo reclama giustizia; un crimine simile, perpetrato ai danni di migliaia d’innocenti, non può cadere in prescrizione.
Soprattutto il Sant’Uffizio, in quanto erede dell’inquisizione, avrebbe il dovere di abrogare l’antica ingiustizia.
UN AGUZZINO AL SERVIZIO DEL RE:
Guglielmo di Nogaret condusse tutto l’”affaire” dei Templari. Nato verso il 1260 a Saint-Felix-de-Caraman in Linguadoca, insegnò diritto all’Università di Montpellier. Entrato nell’amministrazione del regno come giudice, svolse la parte principale della sua carriera a Parigi, dove divenne assai presto valido e fedele consigliere per gli affari religiosi di Re Filippo IV il Bello.
Fu lui che preparò l’atto di accusa contro il papa Bonifacio VIII, e ancora Nogaret schiaffeggiò Bonifacio VIII, Nogaret fu inviato ad Anagni, nell’estate del 1303, per chiamare il papa a comparire davanti a un concilio.
Scomunicato, Nogaret proseguì nel suo impegno per ottenere la rimozione delle sanzioni ecclesiastiche che lo colpivano e soprattutto per arrivare alla “damnatio memoriae” del papa. Naturalmente fu anche incaricato di preparare il dossier contro l’Ordine del Tempio, basandosi sulle accuse di Esquieu de Floyran. Prevedendo gli indugi del nuovo papa Clemente V, convinse il re a procedere all’arresto dei Templari. Spesso presente agli interrogatori, in particolare a quelli del Gran Maestro Giacomo de Molay, Nogaret ispirava terrore. Egli mise tanto più accanimento in questo processo, in quanto considerava l’Ordine uno strumento al servizio del papa che poteva creare ostacoli al potere reale.
Nogaret, sostituito come consigliere del re da Enguerrand de Marigny, rimase comunque guardasigilli fino alla propria morte, sopravvenuta probabilmente nel 1313, prima dell’esecuzione di Giacomo de Molay.

La Charta Larménius

La Charta Larménius


Dettaglio della Charta Larménius

CONTINUITA’ STORICA DELL’ORDINE DEL TEMPIO
Presso l’Archivio Nazionale di Parigi, con collocazione <<A.B. XIX, carteggio da 125 a 158>>, si conserva il “Decreto di trasmissione dei poteri”, assiame al Cartulario dell’Ordine, la spada ed altre reliquie di Jacques de Molay, Gran Maestro dell’Ordine stesso. Detto decreto di trasmissione dei poteri risulta concesso da Jacques de Molay a tale Jean Marc Larmenius, Commendatore di Gerusalemme e primate dell’Ordine.
Jean Marc Larmenius, risulta fuggito alla cattura assieme a quattro Luogotenenti generali portando con sé il “Cartulario”, nonché aver convocato, in seguito, il Capitolo Templare ed esserne stato Gran Maestro.
È bene ricordare che i Cavalieri appartenenti all’Ordine avevano vincoli di consanguineità con le migliori famiglie d’Europa.
La tradizione Templare è Cavalleresca e Militare, e se il popolo ricorda l’Ordine e lega ad esso ogni leggenda, le varie casate nobiliari vantano con orgoglio qualche loro parente, vicino o lontano, che in difesa dei pellegrini in Terra Santa onorò il loro nome per altruismo e per coraggio, iniziò a trapelare la voce, mantenuta <> meglio dire riservata che l’Ordine non si era spento.
Ecco dunque il riformarsi di una forza a fianco degli scampati; non indossano il bianco mantello, non sventolano il loro vessillo che conservano nel segreto, ma si prodigano con valore e coraggio come i leoni del passato. Gli storici, o meglio i cronisti di allora, troppo presi dai grandi eventi dimenticarono le vicende Templari, ed i Templari apprezzarono e gradirono il muro di silenzio che li circondava.
Il Gran Maestro Jean Marc Larmenius (o de Larmény) nel tempo di dieci anni, eseguì il compito affidatogli dal suo predecessore de Molay.
Unì le fila dei Cavalieri percorrendo chilometri e chilometri alla ricerca dei Fratelli, dopo dieci anni giunto a sentir venir meno le sue forze riunì il Consiglio che elevò al grado di Gran Maestro il Commendatore Francesco Tommaso Teobald d’Alessandria (1324-1340).
Il nuovo Gran Maestro, nel corso del suo incarico intraprese contatti con Filippo VI di Valois, assurto nel 1328 al trono di Francia.
Nel 1340 fu eletto Gran Maestro Arnauld de Braque (1340-1349) che nel 1346 nominò Cavaliere anche il famoso Bertrand du Guesclin affidandogli il comando di un gruppo di Templari. Ma se molto sappiamo del de Braque che fissò nuovamente la Sede dell’Ordine a Parigi, nonché del du Guesclin, poco ci è dato conoscere del Gran Maestro Jean de Clermont, quelle poche notizie di archivio non ce lo presentano quale un militare, ma, quale filantropo e Dio sa quanto era necessaria la presenza di soccorsi al popolo ed anche al Clero dissanguato dalla politica fiscale.
I Cavalieri Templari senza squilli di trombe o suono di fanfare, silenziosamente e profondamente operarono come gli antichi fratelli con grande lealtà e coraggio a maggior Gloria di Dio. Si è da più parti scritto che il Gran Maestro Bertrand du Guesclin (1357-1381) era un analfabeta, non sapesse né leggere né scrivere, né apporre la propria firma.
Ma viva Dio la storia e gli archivi militari ci presentano il Gran Maestro dei Templari nella sua splendida figura di Cavaliere, egli riformò l’esercito francese sul modello inglese, sia in ordine ad una più razionale organizzazione, che ad un più moderno armamento. Vinse Carlo II Re di Navarra, ritolse agli Inglesi alcune basi strategiche e li sconfisse a La Rochelle.
Fu combattente e Cavaliere leale, alla morte di Carlo V <>, gli Inglesi che pure gli rendono omaggio, erano ridotti a Cais. Nel corso dell’assedio a Chateauneuf-Randon, il 13 luglio 1381 proprio mentre la città stava arrendendosi il Gran Maestro dei Templari e Gran Connestabile di Francia, colto da malore morì. Gli inglesi che difendevano la città, con un gesto degno dell’antica Cavalleria, uscirono dalla città per deporre sul Cavaliere del loro valoroso ed eroico nemico le chiavi della città.
Nel 1894 un convegno tenutosi a Bruxelles decise la costituzione di una Segreteria internazionale dei Templari, dopo di che mancano notizie precise fino al 1934, quando la segreteria trasmise poteri a un Consiglio di Reggenza, sempre con sede a Bruxelles.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale l’Archivio di Bruxelles fu inviato in Portogallo al Gran Priore della provincia Lusitana, Antonio Campello Pinto de Sousa Fontes. Questi fu nominato, nel 1942, Reggente e Guardiano dell’Ordine, che assunse la denominazione di Sovrano Ordine Militare del Tempio di Gerusalemme.
I nuovi Templari, accentuando il tradizionale spirito aristocratico dell’Ordine, promossero studi araldici e genealogici, dichiararono fedeltà assoluta alla Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana schierandosi, politicamente, su posizioni fortemente conservatrici in nome dell’<> e della <>. Poiché i nuovi Statuti ammettevano la trasmissione ereditaria dei titoli e delle onorificenze, nel 1960 la Maestranza fu assunta da Don Fernando de Sousa Fontes, figlio di Don Antonio.
L’Ordine Internazionale dei Cavalieri Templari è stato retto sin dalle sue origini su regole severe e Statuti generali, gli attuali Statuti (1990), emanati dalla Grande Maestranza Portoghese, sono una revisione in chiave moderna dei precedenti del 1705.
Gli Statuti si basano sui seguenti punti essenziali:
1° L’istituzione del Regno di N. S. Gesù Cristo nella società; Rafforzamento della religione cristiana; la difesa dell’ordine sociale; la pratica delle opere di misericordia, beneficenza e carità.
2° La propagazione delle nobili tradizioni della Cavalleria.
3° La protezione degli studi storici, araldici e genealogici.
Dalla fondazione dell’Ordine 1118 ad oggi 2019, si sono succeduti n. 51 Gran Maestri, oltre 10 Reggenti.
L’Ordine è Sovrano Indipendente ed Internazionale, la sede dell’Ordine è stabilita dalla nazionalità del Gran Maestro.
Oggi nel mondo si contano oltre duecentomila Templari.
I Templari sono Cavalieri di fede, carità, giustizia; solo con le azioni sociali emergono e si possono apprezzare tali doti, tenerle nei propri cuori serve solo allo spirito di chi li possiede, il donarle è amore verso gli altri.
Questa storia ve l’abbiamo raccontata così come ci è stata tramandata e ci piace credere sia vera.
Fra tanto caos e tanto peregrinare attraverso i tempi più o meno burrascosi; fra tanta ingiustizia e prepotenza; una cosa ci rallegra e ci tiene ancora uniti sotto il Sacro simbolo della croce patriarcale rossa che è l’insegna gloriosa del Tempio, la fratellanza templare che ci perviene attraverso i secoli, nitida e immutata, la coscienza di essere Templari, non per sfoggiare una croce o una decorazione, ma perché questo sentimento proviene dal più profondo del nostro cuore e ci dice di andare avanti, sempre più avanti alla ricerca di quella verità che sta alla base del nostro motto che è:
“Non Nobis Domine, Non Nobis, Sed Nomini Tuo Da Gloriam”.
“Non a Noi Signore, Non a Noi, Ma Solo a Te Va la Gloria”.
Il dolore e l’amore sono l’asse del mondo noi proponiamo in primo luogo la carità e la pietà, e subito dopo la giustizia, dove si commetterà ingiustizia, i Templari agiranno.