A cura di Antonio Morra – Grand’Ufficiale dell’Ordine
ETICA E RELIGIONE: QUALE FUTURO? (riflessioni sull’Ordine)
Gentili lettori sul volgere del nuovo anno desidero intanto augurrarVi ogni bene e nel contempo trarre alcune conclusioni su quanto finora detto nei miei precedenti due articoli sullo stato dell’Ordine . Esse possono essere condivisibili o meno, ma sono tratte nel solo esclusivo interesse del nostro Sodalizio e come tali sincere. Mi scuso sin d’ora se possono destare qualche dubbio o peggio contrasto. Mi sembra di avere spiegato, sia pure in breve, quale dovrebbe essere l’atto preliminare da parte nostra nell’approntare una nuova base di presenza, di penetrazione nella società odierna: esso fonda nella scelta ineludibile d’un rafforzamento del credere nel messaggio cristiano, nel Vangelo, nel Cristo Uomo-Dio. Dirò poi dei possibili esiti storici e pratici di questo passo. La sua logica poggia sulla nostra nascita, sulle figure dei nostri fondatori, sulla persona del nostro Maestro di Regola. Siamo nati cristiani cattolici, per volontà di fedeli seguaci del Pontefice romano e per dottrina d’un Dottore della Chiesa Apostolica. La nostra azione, fin dal principio fu posta ad esaltazione del Cristo, a difesa del Papato (in quanto il Suo Vicario in terra ne era il titolare), e quindi della fede, e per la salvezza dell’anima, perseguita con l’assolvimento del proprio dovere e la pratica della preghiera assolta sempre, in pace e in guerra. Riprendo allora quanto ho avuto già modo di dire circa il il nostro modo di apparire al mondo; l’essere il nostro un Ordine ecumenico aperto a tutte le istanze cristiane. A parer mio occorre aprire un confronto serrato , profondo, e definitivo su quest’argomento. Le istanze cristiane, o pseudo tali, sono, ad oggi, centinaia. Quali considerazioni vogliamo prendere in esame per fare cernita tra esse? Con quali presupposti o metodi? A parer mio l’essere “ecumenici”, per noi, vuol semplicemente dire essere illuministicamente indifferenti al problema di fede sottinteso in esso ma volutamente non risolto, proprio per scarsa o meglio spesso inesistente fede di qualsiasi tonalità si voglia. L’incongruità della posizione nostra ” ecumenica” va risolta, per coerenza e per amore della verità. Poi a ciascuna la sua scelta: ma ricordiamoci sempre che i nostri predecessori, tanto a volte invocati, non erano tali. Chiudo questa parte del mio scrivere col dire che, a parer mio, non basta dirsi cristiani, per dirsi templari. Certo è che, una volta sciolto questo nodo, per me importante, si può passare ad esaminare le altre opportunità che questo nostro nuovo cammino post-scissione ultima ci pone, come momento irripetibile di un nostro nuovo forgiarci, nel rispetto della tradizione ma avendo presenti anche altri possibili sviluppi strutturali e procedurali che il passaggio suddetto potrebbe ispirarci. A questo proposito desidero sottolineare come la frattura francese dell’Ordine sia stata da noi subita e non provocata, e come essa si è poi sviluppata ha fatto sì che noi oggi possiamo configurarci come il proseguimento nel tempo dell’Ordine stesso. Ciò per dire che , per quanto riguarda l’Organizzazione dell’Istituto, essa ha legittima continuità con l’azione dell’Ordine nella sua versione ante crisi. Pertanto quanto deciso nella I Conferenza d’Organizzazione di Bologna, nelle sue decisioni, potrebbe essere fatto oggetto di realizzazione senza ulteriori passaggi decisionali. mi riferisco, ad esempio, alla possibilità di creare “lance” o “magioni” di 5 elementi , di individuare macroregioni “templari”, ecc. Ciò non toglie la eventualità di una II Conferenza per la migliore rimodulazione della presenza territoriale nostra sul territorio nazionale. Ma prima di pensare a questo, ed ecco perché mi rifacevo al discorso della possibile attuazione di quanto deciso nella I Conferenza, sarebbe opportuno proporsi un Incontro Nazionale di riconoscimento e di discussione generale su un preciso ordine del giorno da fissare sentite le Strutture periferiche che contemplasse anche quanto proposto da me appena sopra. Esso farebbe il punto anche sulla nostra scelta di campo internazionale e sulle nostre finalità sociali di sostegno e di consiglio alla società in cui siamo immersi. Società che ha bisogno di voci che le sappiamo indicare giuste soluzioni morali e materiali, dovendo anche questa essere una nostra vocazione istituzionale: quella di essere presente col nostro dire, col nostro proporre e col nostro giudizio nel discutere pubblico, mediante un nostro Ufficio stampa, più volte, anche da me, auspicato, ma mai approfondito. E nella scia di quel chiarimento da me avvertito circa la scelta dottrinale da farsi da parte nostra, inserisco, a proposito della oserei dire necessità di un Incontro Nazionale, che esso , a parer mio, dovrebbe essere tenuto a Roma, in adeguata sede, valida e non appariscente, ma utile ad iniziare un discorso di presenza anche visiva nella Roma, che ci sta tanto a cuore come sede delle nostre aspirazioni future, almeno a me ma credo anche a molti tra noi, con qualche figura ecclesiale disponibile, e che avrebbe modo – Roma – di conoscerci meglio, di contattarci e di valutarci, in un primo tentativo, se ben programmato, anche di confrontarci, su quel che veramente siano, e potremmo essere in una visione più concreta, con l’Oltretevere: e occasione, non ultima, per noi, per chiarire i il nostro voler essere oggi Cavalieri Templari.
(gennaio 2021)